Penelope

Una chiaccherata in sottoveste? Le prove di un concerto? Una grande abbuffata? Sì, Penelope è tutto questo, ma più di ogni altra cosa è un viaggio, carnale eppure onirico, verso l'accettazione di noi, della nostra identità e della nostra vita. Ispirato al celebre monologo finale dell'Ulisse di Joyce, Penelope è la volontà di ricreare, dal vivo, il flusso di coscienza che scorre nella testa di Molly Bloom, e per riuscire in questo azzardo artistico ho scelto di annullare i confini tra realtà e finzione, tra attrice e personaggio, intrecciando la storia delle mia famiglia con la storia di James Joyce e della sua famiglia, così da rivelare la possibilità di una connessione senza spazio e senza tempo, una connessione che non utilizza la fibra ottica ma il miracolo e la magia dell'arte. La scelta di avere sul palco una parte del pubblico, vicino a me, diventa allora un manifesto d'intenti: avvicinare l'umano, avvicinarlo fin dentro il cerchio intimo del respiro, del pensiero, del ricordo e del desiderio. Ma che teatro è questo? E' standup-comedy, quando parlo, ma è anche teatro-danza, quando libero il corpo, ma è anche teatro del silenzio, quando mangio, ed è anche un concerto, quando canto, ed è certamente teatro di improvvisazione, perché non ho voluto scrivere un testo, dando cieca fiducia alla mia capacità di cogliere l'attimo, di legare i fili e di sapermi ritrovare quando mi perdo.